L’ossessione per l’utente… che non c’è
Viviamo nell’epoca del tracciamento compulsivo. Ogni clic, ogni scroll, ogni “non interazione” viene osservato con più attenzione del nostro stesso riflesso nello specchio. Eppure, tante startup (e non solo) corrono senza meta, inseguendo utenti che non si sono mai fermati a conoscere davvero.
Il risultato? Un dispendio continuo di risorse in esperimenti miopi, feature inutili, funnel astratti. Tutto per rispondere a domande sbagliate.
E se invece provassimo, semplicemente, a chiedere?
Prima di crescere, serve capire
Il growth hacking, quello fatto bene, non è una corsa al numero. È una disciplina dell’ascolto.
Customer development, interviste qualitative, diari di bordo, mappe dell’empatia: non sono strumenti per accademici annoiati, ma leve strategiche potentissime.
La verità? Non puoi far crescere qualcosa che non sai nemmeno se serve a qualcuno.
Se non parli almeno con 10 utenti a settimana, non stai facendo strategia. Stai giocando al piccolo imprenditore.
L’approccio Opificio, in questo è chiaro: niente growth senza discovery. Niente discovery senza empatia. Niente empatia senza umiltà.
Il cliente ideale non è un miraggio
“Non troviamo clienti giusti”.
“Il nostro prodotto è troppo di nicchia”.
“Il mercato non è pronto”.
Stop.
Spesso non è il mercato a non essere pronto, ma la startup a non averlo mai conosciuto davvero.
Identificare il cliente ideale non è magia: è ascolto, validazione, ripetizione.
Chiediti: chi sono le persone a cui sto parlando?
Cosa le tiene sveglie la notte?
In che momento della giornata si ricordano di me? (Se succede).
Senza queste risposte, ogni messaggio è un urlo nel vuoto.
Strategia non è pianificare. È decidere cosa ignorare.
Fare strategia significa saper dire di no. A un’opportunità, a una feature, a un target.
Ogni sì detto senza dati, senza riscontri reali, è un debito.
Un debito che prima o poi qualcunə (spesso il team o il founder) pagherà caro.
Nel nostro metodo sartoriale, la strategia nasce sempre da un processo in tre fasi:
- Immersione nel contesto e nelle voci reali.
- Trasformazione delle intuizioni in priorità.
- Test continuo per capire se davvero stiamo andando nella direzione giusta.
Sembra semplice, ma ci vuole coraggio. E un pizzico di quella noiosa, vecchia disciplina che nessuno vuole più.
I dati servono, ma solo se hanno un volto
La tentazione di buttarsi su Google Analytics, i CRM, i funnel, i MQL e tutto l’alfabeto del marketing è forte. Ma i numeri, da soli, sono mut—li.
Non raccontano il perché.
Non ti dicono cosa sogna l’utente.
Non ti fanno capire perché ha chiuso la tab proprio in quel punto.
Ogni strategia che si rispetti ha bisogno di numeri con volto.
Quelli che ottieni alzando il telefono, leggendo le risposte a un questionario, o – ancora meglio – sedendoti con un caffè in mano e chiedendo “dimmi come stai usando il nostro prodotto”.
C’è un momento in cui smetti di vendere. E inizi a risolvere.
E quando succede, lo senti.
Gli utenti smettono di essere “da convertire” e diventano alleatə.
Non sono più da conquistare ogni giorno con uno sconto o una promo. Sono loro a portarti altri utenti.
Perché hai fatto la cosa più potente che un brand possa fare: hai ascoltato, davvero.