Cos’è davvero il serverless?
Serverless non è l’ennesimo trucco cloud per sviluppare più in fretta. È un cambio di paradigma, una promessa audace: spostare la complessità infrastrutturale fuori dal tuo codice per concentrarti sul valore reale del tuo prodotto.
Ma no, non è un Eden dove i server non esistono. I server ci sono eccome, solo che non sei tu a gestirli. E questa è una grande libertà. Ma anche una grossa responsabilità.
La leggenda del “deploy e via”
L’idea che basti scrivere una funzione e spedirla nel cloud per avere un sistema scalabile, sicuro, manutenibile e performante è una mezza verità. O meglio, è una mezza verità nella misura in cui credi che una torta si faccia solo con farina e zucchero.
In realtà, fare serverless bene significa padroneggiare:
- il disegno dei flussi e delle API
- i limiti e i costi di invocazione
- la gestione degli eventi e delle dipendenze
- l’osservabilità
- la sicurezza nei contesti distribuiti
Altrimenti rischi l’effetto “hydra”: tagli un problema, ne crescono due.
Più responsabilità, non meno
La vera promessa del serverless non è fare meno, ma fare meglio: in modo più modulare, scalabile, testabile. Richiede pensiero architetturale, rigore nei confini, attenzione nella gestione delle risorse.
Ogni funzione, ogni stream, ogni trigger è un contratto. E come ogni contratto va mantenuto.
Dimentica il mito del codice-rapido-da-produrre: scrivere una Lambda è semplice, scriverne cento mantenibili è un altro sport.
Quando (non) usare il serverless
Non tutto è un chiodo, e il serverless non è un martello universale. Ci sono casi in cui è perfetto:
- carichi intermittenti o imprevedibili
- progetti con time-to-market aggressivo
- architetture a eventi (event-driven)
- esigenze di scalabilità orizzontale estrema
E poi ci sono i “segnali d’allarme”:
- latenze inaccettabili
- necessità di controlli granulari sul sistema operativo
- dipendenze legacy o non compatibili con l’esecuzione in ambienti serverless
Il nostro approccio da lamantini
In Opificio lavoriamo serverless-first da oltre sei anni. Ma questo non vuol dire che diciamo sempre “sì” al serverless. Significa che partiamo da lì, ma poi decidiamo con la testa, non con l’hype.
Ogni progetto viene valutato con attenzione. Usiamo AWS Lambda, Cloudfront, API Gateway, ma anche Next.js, Node.js e Firebase. Se serve performance estrema, possiamo ibridare. Se serve sostenibilità economica, ottimizziamo ogni chiamata.
E soprattutto: non facciamo mai “upload e via”. Ogni deploy è il risultato di un processo di analisi, test, monitoraggio e iterazione.
Il serverless è un’arte disciplinata
Lo diciamo sempre ai nostri clienti: se stai cercando il modo più rapido per buttare online qualcosa, ci sono mille strumenti. Ma se vuoi costruire un prodotto solido, elegante e scalabile, il serverless è una tela bianca meravigliosa. Basta saperci disegnare sopra.
E come ogni arte, richiede mestiere, passione e uno spirito un po’ geek.